Il paradiso degli animali
Il Paradiso degli animali di David James Poissant è prima di tutto un bel libro. Per libro intendo proprio l’insieme di copertina, pagine, caratteri e inchiostro. Non bisognerebbe giudicare il libro dalla copertina, ma in questo caso bisogna fare un’eccezione, il disegno di Theo Ellsworth è magnetico, accattivante, suggerisce l’inizio di un viaggio onirico e speculare tra i protagonisti e il lettore. La carta è grossa, spessa, “importante” e sfogliandola ti fa sentire tra le dita tutta la corposità della scrittura. Si ha dunque la consapevolezza di trovarsi davanti ad un lavoro ben fatto già solo prendendo il libro tra le mani.
Il paradiso degli animali non parla di animali, o meglio non solo di animali e soprattutto non parla di Paradiso, almeno non come lo intendiamo noi: un luogo di nuvolette e luce dove trovano il giusto riposo le anime pie.
In un racconto, L’ultimo dei grandi mammiferi terrestri, il protagonista si reca in un parco, dove un tempo c’era una sorgente di acqua salata.
“il luogo dove gli ultimi grandi mammiferi terrestri nordamericani erano arrivati, diecimila anni fa, a dare un’ultima leccata. Erano arrivati ad assaggiare un po’ di sale, erano scivolati in una fossa di catrame ed erano morti.”
Nel libro accade più o meno una cosa simile, come se un’intera comunità di anime sofferenti si fosse raccolta intorno ad un lago per riposarsi dalle lunghe battaglie della vita e Poissant si fosse trovato lì per caso e avesse cominciato a descriverle.
Sedici racconti di uomini e donne che, come animali, si conquistano la vita con morsi e graffi.
L’istinto di sopravvivenza è forse il vero protagonista del libro, un antico retaggio della nostra appartenenza al regno animale. Eppure alla fine di ogni racconto si scorge una speranza, una redenzione, un piccolo dettaglio che fa presagire al lettore la conquista da parte del protagonista di un pezzetto di paradiso.
Forse il pregio maggiore del libro è la capacità dello scrittore di creare un legame tra il lettore e i personaggi fino al punto di farlo piangere, sorridere e arrabbiarsi secondo le situazioni.
Si piange, anche tanto, leggendo quello che forse è il racconto più intenso e struggente della raccolta, Come aiutare tuo marito a morire, una scritture semplicemente perfetta, impeccabile.
“Il grande mondo rotondo si ridurrà a un niente, e vedrai la verità nei suoi occhi, che la vita, che vivere, è più di quello che è successo prima.”
Un manuale del dolore che consiglio di conservare alla fine, per chiudere il libro con gli occhi pieni di lacrime e il desiderio che ci fossero almeno altri sedici racconti da leggere ancora.
Vi affezionerete ad ognuno dei protagonisti del libro che come in un cerchio magico, tornano nei racconti successivi, come se avessero ancora bisogno di raccontarsi e avvisarvi che stavano continuando a vivere.
Se amate i racconti, se amate i libri scritti in modo lucido e preciso, se amate la letteratura americana, non potete non leggere questo libro.
Questo libro è per chi sogna di viaggiare su un furgoncino Volkswagen in compagnia di un Labrador nero, per chi ama i film di Wes Anderson e il deserto di Bagdad cafe’ e per chi a volte teme di essere un pazzo ma in realtà è caduto in un cerchio magico da cui riuscirà prima o poi ad uscire.
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